As We May Edit. Risalire dalla pratica alla teoria nell’ambito dell’edizione filologica potenziata dal digitale

Seminario interno

Benché l’aggettivo “digitale” stia invadendo il quotidiano degli umanisti, l’incidenza fattuale di questo elemento sulle loro pratiche di studio consolidate e sulle loro abitudini mentali è ben lontana dall’essere autenticamente incisiva, o meglio incisiva in modo uniforme in tutti gli ambiti della ricerca umanistica: se la Linguistica è diventata correntemente computazionale, della Filologia non si può dire altrettanto. Quest’ultimo campo dell’analisi testuale sembrerebbe soffrire di un abuso di pratica a discapito della riflessione teorica, con una eterogenità dei risultati che rischia di vanificare i presunti vantaggi che deriverebbero dall’introduzione dell’elemento informatico. A differenza di quanto si è verificato nell’ambito strettamente linguistico, nell’ambito più propriamente filologico informatici e umanisti non sono andati di pari passo, rischiando di condannare i secondi ad un’arretratezza tecnica che, limitando i risultati, rischia di far aumentare la diffidenza, sempre strisciante in certi ambienti umanistici, verso un elemento che viene visto come pura tecnica, disconoscendone, o non conoscendone, la dimensione intellettuale. Si coglie quindi l’occasione di un incontro seminariale nel contesto di un istituto come l’ILC per presentare ad un pubblico iperspecialistico il bilancio di cinque anni di attività border-line fra Filologia à l’ancienne e Filologia Digitale da parte di una figura di formazione strettamente umanistica apertasi, alla fine del suo percorso formativo, verso il mondo dell’Informatica Umanistica: un bilancio che vuole essere soprattutto la presentazione di una serie di riflessioni, dubbi, insoddisfazioni e richieste aperte, che rispecchiano anche le riflessioni, i dubbi, le insoddisfazioni e le richieste espressi dagli studenti nel corso delle loro esperienze di apprendimento e che potrebbero essere viste come emblematiche delle esigenze del “comune filologo”, intellettualmente senza pregiudizi nei confronti dell’aggettivo “digitale” ma di fatto perplesso sul da farsi una volta posto di fronte a uno schermo e ad una tastiera.

Relatore/iMarta Materni

Marie Curie Fellow

Università degli Studi di Padova – Dipartimento Studi Linguistici e Letterari (UniPD-DiSLL)

Attualmente assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Padova nell’ambito del progetto Marie Curie PRODIGI (Digital Lemmatized Edition of Prose 2, n. 886478), ha in precedenza trascorso tre anni di ricerca in Francia, presso l’Université Grenoble Alpes, dapprima come Marie Curie Fellow nell’ambito del progetto DIGIFLOR (Digital Edition of the Roman de Florimont, n. 745821) e successivamente come Jeune Chercheur in Humanités Numériques. Si è formata presso l’Università di Roma “La Sapienza”, laureandosi in Storia Medievale e conseguendo un dottorato di ricerca in Filologia e Letterature Romanze. Dal punto di vista tematico, il suo interesse è rivolto alla ricezione medievale dell’antichità in ambito letterario, con un focus sui testi legati alla figura di Alessandro Magno e alla vicenda troiana. Dal punto di vista metodologico, i due progetti Marie Curie hanno rappresentato l’occasione per avvicinarsi al mondo dell’Informatica Umanistica legata alla testualità da un duplice punto di vista: quello strettamente editoriale e quello dell’analisi linguistica.

Opuscolo